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domenica 2 giugno 2013

Non lo stesso parco, ma la stessa storia


 
Il noce
  La mia testa è una nuvola schiumosa,
il mare è nel mio petto.
Io sono un noce nel parco Ghiulkhan,
cresciuto, vecchio, ramoso - guarda!
ma né la polizia né tu lo sapete.

Io sono un noce nel parco Ghiulkhan.
E le foglie, come pesciolini, vibrano dall'alba alla sera,
frusciano come un fazzoletto di seta; prendi,
strappale, o mia cara, e asciuga le tue lacrime.
Le mie foglie sono le mie mani, centomila mani verdi,
centomila mani io tendo, e ti tocco, Istanbul.
Le mie foglie sono i miei occhi, e io guardo intorno,
con centomila occhi ti guardo, Istanbul.
Le mie foglie battono, come centomila cuori.

Io sono un noce nel parco Ghiulkhan,
ma né la polizia né tu lo sapete.
 (Nazim Hikmet, 1957. Traduzione di Joyce Lussu). #occupygezi 

martedì 28 giugno 2011

L'ordine regna a Varsavia

(pensieri sparsi, avvelenati, retorici, un po' demagogici e molto, ma molto indignati)

(no, non è nebbia)

A un Palazzo sempre più asserragliato e blindato: 2.000 uomini schierati contro i cittadini impegnati a difendere il territorio, e nemmeno uno contro chi appicca fuoco alla spazzatura di Napoli. Si chiama "monopolio legittimo dell'uso della forza" e quali interessi questa forza stia difendendo è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere.

Alle forze del cosiddetto ordine, e lo so che la polizia interviene dove la politica ha fallito, lo so che è la disoccupazione ad averti dato questo "bel mestiere", carabiniere; lo so, ma al primo che oggi si azzarda a citarmi Pasolini e Valle Giulia gli mangio comunque le 'recchie, ché esiste pur sempre la responsabilità individuale.

Ai genî della mediazione e dell'ars politica che avrebbero dovuto evitare il macello di ieri: quelli che sino a un minuto prima di votare flautavano "senti che bel vento" e "libertà è partecipazione" e un minuto dopo aver votato tuonavano "Maroni faccia tutto il necessario per garantire nei tempi previsti l'avvio dei lavori" (Piero Fassino). O quelli che "padroni a casa nostra" e "il popolo sovrano", ma solo sinché pascola inoffensivo sul sacro pratone di Pontida. I blue block, l'asse Lega-PD, l'alternativa a Mr. B.

Agli ipocriti a tutto tondo e agli spin doctors che si appropriano delle nostre parole d'ordine e orwellianamente ci raccontano che in Val di Susa -oltre agli anarchici insurrezionalisti- sono i valligiani superstiziosi e arretrati i veri colpevoli della crisi economica italiana perché contrari al progresso e allo sviluppo, dediti al NIMBY egoistico e nemici del "bene comune". Perché ora sarebbe il TAV della Val di Susa -quest'opera inutile, costosissima e ad impatto ambientale devastante- a rappresentare il "bene comune", proprio così.

A Repubblica.it, che ieri ha scelto di tenere in home per un intero pomeriggio non le ruspe o i manganelli o i lacrimogeni o i 2.000 robocop, ma un manifestante con una pietra.

Ai fini analisti che ancora non sono riusciti a sfornare un'analisi decente sul vento nuovo delle amministrative e dei referendum e mo' ora si ritrovano sulle scrivanie pure 'sti folli cenciosi testardi e incomprensibili, maledetti siano loro e quell'accidenti del loro San Michele.

Ai peones di partito, sempre pronti a indignarsi a orologeria e previo semaforo verde, che ieri su facebook hanno postato foto di gattini, un delizioso filmato di un lemure scarrozzato da due tartarughe e un imprescindibile dibattito sull'arrivo del caldo.

A tutti voi: non so dire se il TAV della Val di Susa sarà veramente il vostro Vietnam, ma: ve lo auguro de todo corazón. Y que sea pronto, lo más pronto posible.

giovedì 2 giugno 2011

Gerbera e champagne


              

C'era una volta una città dove le modelle erano più numerose delle cabine telefoniche, gli showrooms più tenaci del Cynodon dactylon, la creatività degli stilisti seconda solo a quella di piazza Affari. Una città con dieci brokers per ogni tiglio, e una cricca del cemento che non aveva mai fatto prigionieri. Ora questa città è divenuta terra di prodigi e di predicazione messianica, teatro di scene millenaristiche; e nessuno sa che cosa ne sarà di lei.

Un educado y casi anónimo abogado de pelo blanco la percorre in lungo e in largo da mesi, sempre sorridente e di biancovestito. Invita a porgere l'altra guancia e cita Gandhi e don Milani ad ogni piè sospinto: e cammina un casino, costui.  Si rivolge alle folle narrando della "marcia del sale" e della bellezza del fare politica "consumando le scarpe". Pronuncia parole dichiaratamente anticonsumistiche -"la felicità non viene dal possedere un gran numero di cose"- o apertamente cattocomunistiche -"come posso essere felice se io ho molto e il mio vicino non ha nulla?". Sobrietà, rispetto, gentilezza, misura: un antibauscia per eccellenza. Non è un grande oratore ma quando lui parla decine di migliaia di persone si radunano sotto il diluvio universale, e nel cielo sopra la cattedrale si staglia l'arcobaleno doppio, a suggello dell'alleanza con la città. Più che un'elezione amministrativa, un'esperienza spirituale. Siamo in piena irrazionalità da grandi cambiamenti, è vero, ma questa volta si tratta di magia buona che, ne siamo sicuri, si propagherà in fretta.


Senso della Storia in movimento e strizzoni al cuore collettivi: e noi che quasi non sapevamo nemmeno più di avercelo, un cuore. Anni di neolingua orwelliana e di parole in libertà rivolte alla pancia della ggente, intese a discriminare alcuni per avere il voto di molti, volte a coltivare la paura -quella paura che, altri hanno detto, mangia l'anima e uccide la mente. E ora tornano parole con un senso e dirette al cuore, comunicazioni semplici che non si vergognano del loro candore e puntano dritte all'essenza del nostro stare insieme: convivere, condividere, partecipare, essere umani, restare umani. Uno dopo l'altro cominciano a fioccare i #morattiquotes e le parodie e in breve tempo è un diluvio, una frana, il sortilegio che si dissolve, la risata che li seppellisce. Una catarsi collettiva.

Sciurette eleganti con il filo di perle e la sciarpetta arancio o gente rimpannucciata in stracci arancioni, scout, motociclisti tatuati, professionisti, cassintegrati, uomini, donne, giovani, anziani, belli e brutti, magri e grassi: a furia di guardare la TV ci si era un po' scordati di quanto stupefacente potesse essere il tasso di biodiversità di una vera piazza cittadina. E tutti a sorridere, molti commossi sino alle lacrime, sventolando gerbere o palloncini, cantando o abbracciando perfetti sconosciuti (sia pure con qualche pudore), come fosse finita la guerra.


E' una città in piena love story, la Milano di questi giorni. Un amore che si credeva di non poter più riprovare, una commozione da cui ancora non ci si riprende. Una catarsi collettiva -lo so, l'ho già detto, ma proprio di questo si tratta. Ci vorrà del tempo, speriamo moltissimo, per riassorbire la botta di emozioni che quest'incredibile maggio milanese ci ha assestato. Ma siamo gravi, vi avverto: qui non riusciamo più a smettere di sorridere, e questa festa non vuole finire. Ben ritrovati :)

mercoledì 10 dicembre 2008

Ma non dovevamo rivederci più?

Mara:
Un 2008 intenso: ho vinto il concorso da ricercatrice, R. è candidato alle elezioni regionali e, ah, giusto, ci siamo pure sposati. Sono una disgraziata... ti ho pensata tanto e poi non ti ho mai chiamata, vediamoci presto...

[seguono altre buone intenzioni, ad libitum]

Gio':
noooooooooo, non ci avrei mai creduto di trovarti qui! :))

[nemmeno io, giuro]

Andrea:
Ma che bello! Pensa, un anno fa sono andato ad Agraria per vedere se lavoravi ancora lì e farti un salutino. Intanto "diventiamo amici" [...]

...
Un anno fa è andato ad Agraria per farmi un salutino?
...
Ho smesso di lavorare ad Agraria nel mil-le-no-ve-cen-to-no-van-ta-due (1992).
E da allora ho cambiato altre due Facoltà, e pure Ateneo.
...
... più di sedici anni che non ci si sente?!

Andrea -sorriso smagliante e perenne incapacità a restarsene fermo per oltre trenta secondi- secoli fa fidanzato con una mia collega di quando insegnavo all'Agrotecnico, eterno studente come me.
Cosa avrà fatto in questi oltre sedici anni, che non ci si è mai più neppure reincontrati in giro? Vediamo un po', eccolo qui. Andrea in giacca a vento e zaino rossi, a cavalcioni di un crepaccio, davanti a una tenda d'alta quota con bandierine tibetane da preghiera sullo sfondo, tirando la cavezza di un mulo da spedizione, sorriso Durban's per foto di vetta con corda e ramponi. All'epoca si andava al massimo in Val Grande, vedi un po'. Andrea al mare in buffe braghe corte, in muta da sub, ad Ushuaia con l'aria beffarda. Sopra lo scooter, in barca a vela, sulla pista da sci, e sempre, sempre, con lo zaino in spalla. Ho l'impressione che sia poi riuscito a trovarlo, il modo giusto per incanalare tutto quel suo travolgente surplus di energia :)

***
L'ho fatto, eh.
Ci ho dovuto pensare un po' su perché questo Feisbùk in realtà è un ficcanaso terrificante

buongiorno, benvenuto su Feisbùk! orsù presto dimmi, qual è il tuo orientamento religioso? e le tue preferenze sessuali? dove hai conosciuto il/la tale? a) vivevamo insieme, b) studiavamo insieme, c) avevamo una relazione, d) altro.
E' possibile che tu conosca Renzo Piano?


A parte il fatto che -a titolo prudenziale- io eviterei di andare a raccontare a questo spifferoso FB con chi-dove-come-e-quando una ha intrattenuto le sue relazioni, tenderei anche a tener separata la -si fa per dire- "real life" di FB dal blog.
Non so: voi che ne dite, come avete risolto o come vi barcamenate? FB lo tollerate, vi fa impazzire, lo schifate per principio?
Ditemi, che poi torno a parlare di piante (e per l'esattezza di: conifere, argh).

Noto infine di passaggio che la maggior parte degli amici coetanei informatizzati su FB non c'è. E che tra i pochissimi coetanei presenti la maggior parte son coetanee. Maschi più disinformati, più saggi o solo mooolto più pigri?

Grafico: da qui.

***
Updates:
Qui l'articolo di cui si parla nei commenti. Comparso tempo fa su Nòva 24 (inserto del giovedì de Il Sole 24 ore) e segnalato da Francesca.
Qui invece il libro su FB che quelli di Nòva 24 hanno poi scritto (è in edicola da pochi giorni).

venerdì 18 gennaio 2008

Il vento fa il suo giro / recensione

E l'aura fai son vir

D'accordo che son distratta e non vado spesso al cinema ma è in cartellone a Milano da otto mesi e non me n'ero accorta. In Italia non ha trovato una distribuzione e gira solo grazie al passaparola.

Film parzialmente parlato in occitano, con trama che non entusiasma e fa emergere ricordi diffidentissimi (mmm, un regista della scuola di Olmi, sarà mica tipo Albero degli zoccoli?).
La scuola di Olmi in effetti c'è tutta: ma elaborata in chiave attuale, quasi del tutto priva di imbarazzante moralismo e con lo sguardo rivolto ai nostri desideri di Eden perduto ed alla qualità infima del nostro legame sociale.
La comunità locale di Chersogno, sempre più spopolata, si trova di fronte un pastore in carne ed ossa con famiglia, per giunta francese ("una volta eravamo noi ad andare in Francia, ora vengono qui"): dapprima lo accoglie -pure troppo- poi prevalgono mugugni ed indizi paranoici che si cristallizzano in ostilità aperta.
L'incontro tra Chersogno ed il suo straniero si volge dunque in una consueta vicenda di capri espiatori [1].
In modo assai paradossale, il paese si rivela capacissimo di relazionarsi con il "resto del mondo" in termini di folklore (turisti e troupe televisive alla ricerca di genuinità) ma del tutto incapace di accettare un collega dei propri avi.

Lingua d'oc a parte Chersogno è in realtà la custode di un simulacro senza più sostanza: nessuno più pratica la pastorizia, la tradizione è del tutto formale, i ricordi ormai sfumati nel mito. E un simulacro senza sostanza è un oggetto fragilissimo, utile per le vetrine televisive ma non in grado di reggere le sollecitazioni della realtà, né la minima messa in discussione. Talmente fragile da scoprirsi persino incapace di gestire, in conclusione di vicenda, anche il più semplice dei suoi "diversi interni", il tradizionale "scemo del villaggio". Una comunità che non riesce più ad essere tale.

Chersogno come evidente metafora del simulacro Italia: una società che non riesce più ad essere tale.

Poi -che sia chiaro- questo è quel che ci ho visto io. Altri sono usciti dal Mexico baciando il suolo e ringraziando gli dei per aver loro concesso di vivere a Milano anziché sui bricchi :)

Bellissimi i paesaggi innevati e le riprese aeree, e molto bella la musica. Stupefacente la recitazione di Masa, la più surrealista tra le poesie di César Vallejo (ma a quanto pare questo l'ho notato soltanto io: evvabbe', pazienza).

Per chi è solito andare in montagna cercando quel sano e corroborante contatto con i rudi valligiani: assumere con cautela.

[1] [nel senso più letterale possibile, ohimè]

Giorgio Diritti, 2005, http://www.ilventofailsuogiro.com