Mi è sempre piaciuto novembre, i suoi colori, le sue foglie morte, le nebbie, le malinconie. Deve trattarsi di una sorta di imprinting stagionale, suppongo, visto che sono nata sotto il segno dello Scorpione, a metà novembre. Moltissimi anni fa mi affascinavano anche quelle simbologie e corrispondenze astrologico-stagionali un po' gotiche legate al mio segno: Plutone il Trasformatore signore degli inferi e astro dei maghi e degli alchimisti, la doppia spirale dell'otto, l'idea di morte e trasmutazione presente nella semina intesa come -cito a spanne la Morpurgo- "avventura esaltante e terribile del seme che, sepolto sotto le zolle, compie il primo passo sul lungo cammino che lo porterà all'esplosione primaverile". Al tema della semina come prodromo di future resurrezioni dopo i ghiacci invernali e bla e bla e bla, ricordo, tentai una volta di interessare anche il mio storico fidanzato latino-americano, che mi ascoltò impassibile per mezz'ora prima di sistemarmi con una sana doccia fredda di relativismo culturale ("Querida: dalle mie parti a novembre è primavera, quasi estate").
Togliendo di mezzo l'astrologia, novembre (maggio se mi leggete da Ushuaia) resta il mese della trasformazione e del passaggio. Le foglie cadute a terra si sono sovrapposte a mo' di tappeto morbido e invitante, a colori caldi, su cui cammini un po' affondando e un po' filosofeggiando su quel che accade sotto le tue scarpe: semi caduti che si interrano, disfacimento e decomposizione della materia organica, putrefazione, benefico humus che si crea, materia che si trasforma, cicli vitali, Persefone che prima o poi ritorna ma tu no, samsara, cose così. Le nebbie rasoterra fanno il resto: quando sopra il tappeto si stende il cuscino bianco e uniforme, tu non devi fare altro che appoggiartici sopra per ritrovarti senza scosse e senza traumi dall'altra parte, un po' Alice nello specchio. Entri lievemente nella nebbia e fluisci nel tappeto, dentro l'humus, dentro il corso naturale delle cose. Morire a novembre è la faccenda più naturale, più semplice del mondo, si direbbe.
Se n'è andato alla fine di novembre, mio padre, e sino all'ultimo non ha voluto collaborare né con il grandioso allestimento stagionale che gli si dispiegava intorno né con l'armonico giro della bhavacakra. Non ne voleva proprio sapere, a dirla tutta: sarebbe rimasto volentieri qui ancora un po' o, perché no, anche per sempre. Il ciclo vita/morte è cosa bella e molto filosofica ma, sospetto, tiene pur sempre conto del solo punto di vista di chi rimane.
Se n'è andato proprio qui, al Buen Retiro, dove aveva vissuto per ottanta dei suoi novant'anni, come era suo espresso desiderio. E con sua figlia accanto. La storia di questo luogo e questa casa sono talmente intrecciate con la sua storia personale che mi son quasi stupita, il giorno dopo, di ritrovare i cedri ancora saldi sulle radici e non crollati sopra il tetto. Ci ho litigato furiosamente per tutta l'adolescenza e per molti, molti anni a seguire; è stato un grande amore, il nostro. Dire che mancherai è ben misera cosa. Buon viaggio, papà.
1919-2009
29 commenti:
...post bellissimo, ho la lacrima agli occhi.
un abbraccio
Lasci senza parole, cara Equipaje..
...ti sono vicina ...così come può chi ha già subito questa perdita...( mia mamma 3 anni fa l'11 di novembre...)
un grande abbraccio
valverde
Delicato, splendido e puro. Neve che non si sporca.
Renato
Anche il mio papà mi manca molto.
Ti capisco.
Ti abbraccio, sorella.
In questi casi non ci sono parole. Io mi ostino a non capire il ciclo "vita/morte".
Ciao.
Grazie per essere ritornata, Equipaje, e per questo post meraviglioso che ho terminato di leggere con le lacrime agli occhi anch'io. Ti abbraccio forte!
Deve essere stato un grande uomo avendo lasciato un ricordo così prezioso. Un abbraccio e sincere condoglianze
Riccardo
mi dispiace molto.
Ti sono vicino con il pensiero.
Grazie per questo tuo scritto: un condividere ed un insegnare anche una possibile dignitosa compostezza nel dolore.
Si legge il post e si rimane senza parole, una lacrima mi riga il viso, e penso: "di un libro basta girare la pagina per continuare, della vita ancora non lo so", comunque sono grato a tuo padre che ci ha lasciato in dono te, che ci regali i tuoi meravigliosi post
alcuni dicono che della morte non si può fare esperienza, che è un evento che trascende la nostra mente. avvicinarsi, però, questo è possibile. e questo avvicinamento - io ho motivo di pensarci dalla scorsa primavera, un'altra stagione adatta per morire - è un'esperienza lunga, lunga da dipanare. è un territorio noto e sconosciuto, che ottunde e fa pensare. posso esserti vicina, senza retorica.
Un abbraccio forte...
in inverno, un tempo, ci si trovava tutti a casa di qualcuno. Ognuno portava un ceppo di legno per scaldarsi al fuoco durante le lunghe notti in attesa che le giornate ricominciassero ad allungarsi.
Dove posso appoggiare il mio ceppo?
due giorni fa se ne è andato mio zio. uno di quegli uomini granitici, forti, imperscutabili, che sembrano scolpiti d'eterno. 5 minuti, un lieve mal di schiena, sua moglie non ha fatto in tempo a sciogliere la pastiglia di antidolorifico nel bicchiere, che già lui si era addormentato per sempre.
quando i nostri cari se ne vanno, è frase comune dire "non ci sono parole".
Tu invece sei riuscita a trovarle, bellissime e uniche. Un abbraccio enorme, e un sereno viaggio al tuo babbo.
un abbraccio ed un pensiero, ogni parola ulteriore è superflua, dopo il tuo bel pezzo in memoria
Siete piuttosto voi, a lasciare senza parole. Grazie, anche a chi non conosco.
(E quel ceppo: ad asciugare vicino al fuoco, ché l'inverno è giovane e molte le storie che aspettan di essere raccontate).
Mi dispiace.
Ben tornata comunque tra noi!
Un abbraccio
Pur essendo anch'io una scorpione di mezzo novembre, non sopporto l'autunno-inverno, mi deprime, lo abolirei. Forse anche perche' mio padre mori' l'8 dicembre di tanti anni fa, quando avevo 17 anni.
Che bello che tu abbia avuto vicino il tuo cosi' a lungo. Mi ha fatto venire in mente il funerale che c'e' in "Sogni" di Kurosawa, che e' poi il funerale che vorrei per me (qui e poi qui).
un abbraccio
uppe
trovare le parole per dirlo (queste bellissime e struggenti parole che ho appena letto), già questo mi sa di rinascita.
Sono così orgogliosa di esserti amica dolce, dolcissima, Equipaje
nonostante tutto le Radici hanno tenuto!
un abbraccio, cat
grazie a voi per tutto (in particolare per quella meravigliosa citazione di/da Kurosawa ***)
Un augurio di cuore per un 2010 migliore, buon cammino
Buon anno e buona vita e che arrivi primavera...!
leggo ora questo post e non posso non lasciare un commento,
il filo dei tuoi pensieri lega e dipana altri fili,
anch'io ho perso mio padre nel 2009anche lui del 1919 anche lui novantenne mancato (li avrebbe compiuti in giugno, se n'è andato all'inizio dell'anno in gennaio)
anch'io mi sento sola privata della sua presenza, dell'unicità della sua vita, della sua persona, l'elaborazione della perdita non è mai cosa esaustiva, in questa fascia d'eta poi le perdite sono di tutti i tipi e non so proprio come ci si farà il callo.
Solo questo: farti arrivare un senso di vicinanza, di compassione, di condivisione, siamo sconosciute eppur forse è possibile far risuonare una corda o un eco profondo trascendendo le normali vie.
Anche un saluto d'augurio per l'anno che abbiamo iniziato!
un abbraccio madame. altro sarebbe ridondante.
domani pianto un albero in quel giardino che sai, un albero di quelli che fanno le arance.
un lungo, lungo abbraccio dall'estate boliviana.. sempre mi meravigli.
Giulio
Posta un commento