Renato, il Selvatico, è stato un lettore attentissimo, sempre capace di cogliere le sfumature tra le righe. Ed è stato, soprattutto, un uomo sensibile, sempre capace di emozionarsi, commuoversi e indignarsi per piante, animali, altri esseri umani. Sensibilità la sua non solo umana ma anche politica: la dimensione collettiva è sempre stata una preoccupazione presente nei suoi scritti e nei suoi post, sia pur declinata secondo modalità probabilmente considerate poco ortodosse dai più.
Costruire una cultura condivisa e dare vita a luoghi comuni/canti, lontani dalle forme politiche e impermeabili alla de/codificazione del potere, scriveva in uno dei tanti commenti lasciati su questo blog, parecchi anni fa.
Certo si possono prendere contromisure efficaci: variare e incrementare la biodiversità delle coltivazioni, costruire depositi di raccolta per l’acqua piovana, vasche di depurazione e riciclo delle acque di scarico, si possono cintare gli orti come basi dei marines in territorio talebano... tante cose. Ma quella fondamentale è la costruzione di reti solidali di scambio e mutuo aiuto nel proprio territorio, nella propria bioregione, ha lasciato scritto nel suo penultimo post.
Una bella poesia di Gary Snyder, che piaceva molto ad entrambi: per te Renato, ovunque tu sia.
Nel prossimo secolo,
o in quello successivo,
dicono,
ci saranno valli, pascoli
in cui ci incontreremo, se ce la facciamo.
Per scalare queste cime,
una parola per te,
per te
e per i tuoi figli:
state assieme,
imparate dai fiori,
siate lievi.
(Gary Snyder,
For the children)
For the children)